lunedì 26 aprile 2010

Glicine, on the road

E’ dappertutto, in quest’oggi soleggiato. La beata infiorescenza sui muri di mattoni scrostati delle case di bucodiculoplace mi ha stupito, quasi incantato direi, regalandomi vecchie sensazioni sopite. Elegante ed antica, avvolgendo pigra vecchie corti, circondando cancellate ed aggraziando balconate, con il suo tronco affaticato e contorto ed suoi fiori carichi, a grappoli, pesanti alla mano come uva matura, che son tanti cuori uniti, forti insieme e fragili se separati.
Li ho trovati ritornando al desco familiare, reduce dalla missione spesa, eseguita sulla base di una lista criptata redatta dalla consorte, la quale, completamente avulsa dalla mia estrazione ingegneristica che esige sempre e comunque precisione alla terza cifra decimale, invece scrive genericamente solo "pane", "frutta" o carne, trovandomi sempre molto critico e lasciando lei perplessa sulle mia capacità mentali quando riporto quindici chili di nespole, mezza coscia di cinghiale e due biovette.
E così ieri, a piedi, carico alla pari di un mulo e percorrendo strade tristissime, rese solo più leggere dalla mia bimba che cercava di investirmi in bicicletta, mi sono apparsi all'improvviso, opulenti, illuminati dal sole e placidamente appoggiati sui muri intorno. Ad un certo punto mi sono addirittura sorpreso a pensare che la strada di questo paese non fosse poi tutto questo male. Mistero.
Ha questi fiori strani, che proprio fiori non sembrano, di bei colori, dal cuore bianco candido all'interno che digrada fino ad una tinta piena, anche se, veramente che colore sia proprio non lo distinguo ma so che è a volte è blu, altre lilla, ma che colore veda davvero io chettelospiegoaffare, non vedi, che vuol dire prendi dell’azzurro e del viola, e trova la strada di congiunzione sino a che non distingui più l’uno dall’altro e quello è, almeno, il colore che vedo io. Piuù o meno.

So che arriva dalla Cina e che il suo nome vuol dire pianta dolce in greco, chissà perché, visto che è velenosa, ma come fa ad esserlo, così bella e profumata; personalmente però preferisco il significato di quello in tedesco, che tradotto fa pioggia blu, e che meglio gli si addice.

Sa di pomeriggi caldi e di strilla festose, del fiore di trifoglio da succhiare, di paneburroemarmellata e briciole, di rondini che ritornano, le vedi, non ancora, ma sì invece eccole qua, anche loro son tornate, a rincorrersi garrule e velocissime. Ha quel profumo inebriante ed unico, dolce, penetrante e deciso. Forte ma non aggressivo, gaio e festoso. E’ la primavera fatta a profumo.

Ha il ricordo del tempo e delle risate del mio giardino tra i monti, da cui manco da un po’ dove c’è una siepe da tanto di quel tempo che non ne ho memoria. Ma a quest’ora lassù la fioritura non è ancora incominciata di sicuro, che la neve ha abbandonato soltanto da poco i pini che hanno quasi i miei anni e di cui ascolto le sagge storie, a volte la sera.

Simboleggia l’amicizia, ho spiegato alla mia piccola. Me lo raccontavano da bambino, quando io allora, legandoli con i lunghi fili d’erba, ne confezionavo graziosi mazzolini che portavo orgoglioso a mia madre, che fingeva di stupirsi ogni volta e premurosamente metteva in un bicchiere pieno d’acqua.
La mia piccola si è accostata ad un muro e, in punta di piedi e con un pezzettino di lingua fuori per lo sforzo ne ha ladrescamente asportati un paio da un muretto vicino - Uno per te, papà - mi ha detto, sciogliendomi come fa sempre con il suo sorriso - ed uno per la mamma. Perchè noi siamo amici, vero?
L'ho guardata bene, lei, in equilibrio sulla sua bici comprata l'anno scorso e che già le calza stretta. Ho osservato ammirato quel suo sorriso radioso, quel naso da mordere e quegli occhi che sono gli stessi miei. Avrei voluto dirle cose, alcune serene altre meno. Avrei voluto raccontarle dei momenti in cui io, l'amicizia non so neanche dove stia di casa, dei miei tanti limiti personali, del mio bastare a me stesso e di tante altre cose. Le avrei voluto dire di tutte le cose che non so, di strade in salita, egoismo e di paure. Del tempo che cambia e delle parole, dell'indifferenza e del silenzio. Del sentire e del sapere.
Ma ho preso quel fiore, l'ho annusato ed ho ricambiato il sorriso.
Il più buon profumo del mondo - Le ho risposto - Certo che siamo amici, amica mia. I migliori amici del mondo. Anzi visto che siamo amici, non è che ti carichi in bici uno di questi sacchetti pieni di nespole?
Prima devi prendermi! -  Ha ribattuto facendomi la lingua, scappando via ridendo, tra due file di glicini profumati.

4 commenti:

  1. ...bellissimo.... Vania

    Joe Temerario...Ron...una canzone che amo...

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  2. Se parliamo di ciò che vorremmo dire ai nostri figli, ci verrebbe fuori la Treccani.

    Solo che non abbiamo la forza di dirglielo, perché vogliamo proteggerli, e vogliamo che guardino la vita con occhiali ben più rosa dei nostri: che poi, i nostri, magari sono solo color glicine :D

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